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Gianluca Italia: “Il Governo scenda in campo per la filiera dell’automotive”

L’Italia quando ha vissuto momenti di grande difficoltà ha sempre saputo rialzarsi grazie alla capacità di stringersi l’uno accanto all’altro. È quello che le famiglie dei lavoratori nel settore automotive chiedono al Governo. Nessuna attenzione speciale, ma uno studio consapevole delle peculiarità di un comparto che garantisce la sussistenza a decine di migliaia di famiglie.

Riportiamo qui l’intervista che il nostro Amministratore Delegato Gianluca Italia ha rilasciato al quotidiano Il Giornale”.

Gianluca Italia Governo

Overdrive ha sede a Milano, nel capoluogo della Regione più colpita dal virus Covid-19. Come state affrontando la situazione?

In questo momento abbiamo chiuso le nostre sedi, come correttamente indicato dalle istituzioni per limitare la diffusione del virus. Siamo ovviamente molto preoccupati perché il nostro business ha costi di gestione e costi fissi molto alti se confrontati alla bassa marginalità che si genera vendendo automobili, servizi e ricambi. Stare chiusi un mese come si prospetta può diventare drammatico.

I tuoi collaboratori come stanno?

I miei collaboratori sono anche loro molto preoccupati. Fortunatamente siamo tutti in salute. Abbiamo seguito con apprensione la vicenda di un collega che non è stato bene, ma ora sembra stia migliorando. Dal punto di vista lavorativo siamo tutti online, cerchiamo di mantenere vive le relazioni con la clientela attraverso il mondo digitale che per noi è stato da subito un canale da presidiare. Chiaramente – al di là del nostro impegno – viviamo momenti molto critici.

Secondo l’Unrae – Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri – si prevede che a marzo ci sarà un calo di vendite dell’80% rispetto allo stesso mede del 2019. Si passerà da 194mila a 30mila veicoli acquistati. Dati drammatici che non possono essere sostenuti per molto tempo ancora.

È chiaro che se il trend dovesse essere questo nel nostro settore si tradurrà purtroppo nella chiusura di diverse aziende. In questo momento deve essere chiaro a tutti che ci sono migliaia di posti di lavoro a rischio. Il nostro settore conta come addetti diretti circa 120mila persone, in più vanno considerati l’indotto, la filiera, i servizi, la logistica. Se l’automotive dovesse andare a gambe all’aria, tante famiglie italiane rischierebbero di non avere più uno stipendio tra qualche mese. Date queste premesse è chiaro che ciò che al momento il Governo ha messo sul tavolo – vista la nostra specificità – è totalmente inadeguato.

La scarsa attenzione del Governo nei confronti dei dealers non riguarda solo questo momento di emergenza ma anche il passato. Le risposte sono sempre state vicine allo zero.

Io penso che la responsabilità di questo fallimento sia condivisa. Noi pretendiamo che il Governo sia attento al nostro settore, ma forse siamo noi a non essere capaci di farci ascoltare. Il risultato di questo stallo si traduce in un disastro totale. La sensazione è che chi ha il compito di assumere le decisioni non sia pienamente consapevole di come funziona nostro settore. Un esempio pratico: i concessionari più bravi – quelli che riescono a fare i maggiori profitti – guadagnano fra il 2% e il 3% ante imposte sul fatturato, a fronte di costi fissi medi di settore che si aggirano fra il 4% e il 5%. È evidente che ci basta stare fermi un mese per andare tutti in perdita. C’è bisogno di supporto, un supporto serio. Non parlo di quello che devono dare le case automobilistiche – che possono intervenire sui costi variabili della concessionaria e sullo stimolo della domanda – ma di aiuti concreti che può garantire solo lo Stato per far fronte ai costi fissi.

Oggi lo Stato ha da pensare a molte questioni, il momento è difficile, eppure stiamo pagando le inadempienze del passato. Si pensi per esempio alla questione del parco circolante da rinnovare o all’esagerata corsa in avanti verso il tema della decarbonizzazione. È giusto pensare al clima e all’ambiente, ma si è perso nell’ultimo periodo il contatto con la realtà e ora i nodi vengono al pettine…

Condivido. Tutti vogliamo l’aria più pulita ed è giusto andare verso l’elettrico, l’ibrido – sia plug in che mild hybrid – però bisogna arrivarci in maniera graduale. La verità è che non c’è una struttura pronta, si pensi all’esiguo numero di colonnine di ricarica. L’Italia non è pronta. È giusto percorrere questa strada tutti assieme, ma in maniera graduale, perché altrimenti parliamo del nulla. Come incentivare la domanda allora? Possono essere molteplici risposte. Una direzione da percorrere può essere la rottamazione statale, nel momento in cui si riaprirà, che però per essere efficace non può stimolare solo l’ibrido e l’elettrico. Lo abbiamo detto, il parco auto italiano è talmente vecchio che se solo noi riuscissimo a sostituire il 30% delle vetture vetuste con auto nuove – con motori benzina o diesel nuova generazione – otterremo un clamoroso miglioramento dei dati sulla CO2 a livello nazionale. Questa però è una soluzione concreta adatta a quando saremo nelle condizioni di ripartire. Oggi serve adottare misure di pronto soccorso. Primo. L’aiuto sui pagamenti dei canoni di locazione – vista la dimensione delle nostre strutture, grandi per definizione – che comportano per le aziende una spesa importante. Secondo. Un sostegno concreto relativo al tema dei contributi destinati ai lavoratori. Spostarli di quattro giorni è inutile. Diverso sarebbe prevederne la cancellazione per breve periodo o garantirci la possibilità di pagarli fra sei mesi in maniera dilazionata. La Cassa integrazione è una soluzione consona, ma ciò che importa è che quando ripartiremo e torneremo a lavoro vorrei che i miei collaboratori fossero con me senza essere stato obbligato a lasciarne qualcuno a casa.

Alcune analisi pubblicate in queste ore prevedono, forse in maniera fiduciosa, una ripresa generale dei consumi e dell’economia nel secondo semestre. È soltanto un auspicio perché non sappiamo quando e come il virus sarà debellato. Quale segno lascerà nel mondo dei concessionari questa situazione?

Io sono per natura ottimista. Noi italiani abbiamo dimostrato tante volte che nel momento di difficoltà ci stringiamo uno all’altro, reagiamo e ripartiamo. Quando questo virus sarà debellato la voglia di ripartire sarà così forte che sono certo lo faremo bene e tuti insieme. Questo processo inizierà forse fra due o tre settimane. Io nel mio piccolo – pur senza competenza medica – penso però che nel nostro settore fino alla fine dell’estate lavoreremo pochissimo o non lavoreremo. La ripartenza la osserveremo nell’ultimo trimestre, con la consapevolezza che – essendo nostri beni non indispensabili – non sarà da zero a cento ma graduale. Questo sarà un anno drammatico e non c’è dubbio che abbiamo bisogno veramente di aiuto.